lunedì 1 dicembre 2014

idea_3d/2



Fabbricato nello spazio

Nasce una nuova era per la stampante 3d che per la prima volta nella storia ha creato qualcosa lontano dal pianeta Terra, in assenza di gravità. Non è un articolo di fantascienza, ma il risultato ottenuto sulla Stazione Spaziale Internazionale frutto della cooperazione tra Agenzia Spaziale Italiana, l'Agenzia Spaziale Europea e l'Ente Nazionale per le attività Spaziali e Aeronautiche, meglio conosciuta come NASA.
Zero G e Pop 3d sono le macchine che hanno avuto l’onore di poter stampare direttamente nello spazio, aprendo una nuova frontiera per la tecnologia mondiale.


Il dispositivo è stato progettato e prodotto da "Made In Space" e il 21 settembre scorso è stato portato sulla ISS grazie a Space X, l'azienda che ha progettato i vettori spaziali per raggiungerla. Tuttavia solo da poco tempo è stato finalmente installato all'interno del Microgravity Science Glovebox (MSG) dall'astronauta Barry Wilmore. La stampante 3d, ha effettuato correttamente tutti i test. L'idea dell'esperimento è produrre gli oggetti necessari per una futura missione nello spazio o affinché gli astronauti possano realizzare da soli li oggetti di ricambio direttamente in loco. La stampante dovrà stampare degli oggetto che verranno poi riportati sulla terra e confrontati con degli oggetti campione identici, ma stampati sulla terra in modo da approfondire le diversità strutturali. Un altro vantaggio della stampa direttamente nello spazio sarebbe il dover evitare la progettazione di oggetti che debbono resistere alla sollecitazioni a cui è sottoposto il razzo nella fase di lancio.

La missione Futura progettata dall’Agenzia Spaziale Italiana ha scritto una pagina indimenticabile grazie all’esperimento Pop3D, che consiste nel stampare oggetti in PLA in assenza di gravità. Ciò è stato possibile grazie all’astronauta Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana nello spazio, nonché la prima ad aver azionato Pop 3d a bordo dell'ISS. La missione Futura però non dimentica le tradizioni tipiche nostrane. Infatti, Samantha dovrà lavorare su un progetto molto particolare, che solo un’italiana potrebbe portare a termine: il primo caffè da poter bere sulla navicella spaziale per studiare la reazione dei liquidi sotto elevate pressioni ad alta temperatura.


Se il processo di stampa in 3D sulla ISS - dichiara l'Agenzia Spaziale Italiana - risultasse applicabile su scala più ampia, sarebbe possibile produrre parti monolitiche complesse in sostituzione di assemblati, con riduzione del numero di parti da assemblare, riduzione giunzioni, incollaggi e saldature, semplificazione dell’assemblaggio, della sua documentazione e delle sue verifiche non distruttive.

La prima vittoria del progetto c’è stata lunedì scorso. Il 24 Novembre sarà ricordato dagli studiosi e appassionati di nuove tecnologie perché la Zero G ha portato a termine il primo lavoro tridimensionale nello spazio. Un semplice frontalino per coprire il cablaggio del gruppo estrusore è l'inizio della creazione di una serie di oggetti programmati e disegnati per coronare questo sogno.

Il capo del progetto Marshall Space Flight Center è Niki Werkheiser. Ecco le dichiarazioni di Niki, appena concretizzato il primo lavoro senza gravità della storia: 
Questa prima stampa è il primo passo verso la fornitura di una capacità di produzione on-demand lontano dalla Terra La stazione spaziale è l'unico laboratorio in cui possiamo sperimentare pienamente questa tecnologia nello spazio. Precedentemente sono stati effettuati due test di calibrazione, il primo ha avuto qualche intoppo ma il secondo è andato bene, la stampante è stata messa in bolla ed è stato dato il via alla stampa. La prima cosa che hanno notato gli astronauti è stata la difficoltà nello staccare l'oggetto dal piano di stampa. L'aderenza era più forte del previsto. Non si sa ancora se ciò sia dovuto a degli effetti riconducibili alla microgravità o siano stati normali problemi di stampa 3d. Questa è la prima volta che abbiamo mai utilizzato una stampante 3d nello spazio, e stiamo imparando, anche da queste operazioni iniziali. Come risultato delle prossime stampe saremo in grado di sapere se alcuni degli effetti che stiamo vedendo sono causati da microgravità o solo una parte del normale processo di messa a punto per la stampa. Abbiamo scelto questo oggetto, per la prima stampa nello spazio, in primo luogo perché, dopo tutto, se vogliamo avere delle stampanti 3d dobbiamo dimostrare di essere in grado di stamparne parti di ricambio. Una stampante deve essere in grado di replicare le  proprie parti, in modo che possa continuare a lavorare durante lunghi viaggi in posti come Marte o un asteroide. In definitiva, un giorno, una stampante potrà anche essere in grado di stampare un'altra stampante”. 

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