Fabbricato nello spazio
Nasce una nuova era per la stampante 3d che per la prima
volta nella storia ha creato qualcosa lontano dal pianeta Terra, in assenza di gravità. Non è un
articolo di fantascienza, ma il risultato ottenuto sulla Stazione
Spaziale Internazionale frutto della cooperazione tra Agenzia Spaziale Italiana, l'Agenzia Spaziale Europea e l'Ente Nazionale per le attività Spaziali e Aeronautiche, meglio conosciuta come NASA.
Zero G e Pop 3d sono le macchine che hanno avuto l’onore
di poter stampare direttamente nello spazio, aprendo una nuova frontiera per la
tecnologia mondiale.
Il dispositivo è stato progettato e prodotto da "Made In
Space" e il 21 settembre scorso è stato portato sulla ISS grazie a Space X, l'azienda che ha progettato i vettori spaziali per raggiungerla. Tuttavia solo da poco tempo è stato finalmente
installato all'interno del Microgravity Science Glovebox (MSG) dall'astronauta
Barry Wilmore. La stampante 3d, ha effettuato correttamente tutti i test. L'idea
dell'esperimento è produrre gli oggetti necessari per una futura missione nello
spazio o affinché gli astronauti possano realizzare da soli li oggetti di
ricambio direttamente in loco. La stampante dovrà stampare degli oggetto che
verranno poi riportati sulla terra e confrontati con degli oggetti campione
identici, ma stampati sulla terra in modo da approfondire le diversità
strutturali. Un altro vantaggio della stampa direttamente nello spazio sarebbe
il dover evitare la progettazione di oggetti che debbono resistere alla
sollecitazioni a cui è sottoposto il razzo nella fase di lancio.
La missione Futura progettata
dall’Agenzia Spaziale Italiana ha scritto una pagina indimenticabile grazie all’esperimento
Pop3D, che consiste nel stampare oggetti in PLA in assenza di gravità. Ciò è stato possibile grazie all’astronauta Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana
nello spazio, nonché la prima ad aver azionato Pop 3d a bordo dell'ISS. La
missione Futura però non dimentica le tradizioni tipiche nostrane. Infatti, Samantha dovrà
lavorare su un progetto molto particolare, che solo un’italiana potrebbe portare a
termine: il primo caffè da poter bere sulla navicella spaziale per studiare la reazione dei liquidi sotto elevate pressioni ad alta temperatura.
Se il processo di stampa in 3D sulla ISS - dichiara l'Agenzia Spaziale Italiana -
risultasse applicabile su scala più ampia, sarebbe possibile produrre parti
monolitiche complesse in sostituzione di assemblati, con riduzione del numero
di parti da assemblare, riduzione giunzioni, incollaggi e saldature,
semplificazione dell’assemblaggio, della sua documentazione e delle sue
verifiche non distruttive.
La prima vittoria del progetto c’è stata lunedì scorso. Il
24 Novembre sarà ricordato dagli studiosi e appassionati di nuove tecnologie perché
la Zero G ha portato a termine il primo lavoro tridimensionale nello spazio. Un semplice frontalino per coprire il cablaggio del gruppo estrusore è l'inizio della creazione di una
serie di oggetti programmati e disegnati per coronare questo sogno.
Il capo del progetto Marshall
Space Flight Center è Niki Werkheiser. Ecco le dichiarazioni di Niki, appena concretizzato il primo lavoro senza gravità della storia:
Questa prima stampa è il primo passo verso
la fornitura di una capacità di produzione on-demand lontano dalla Terra La
stazione spaziale è l'unico laboratorio in cui possiamo sperimentare pienamente
questa tecnologia nello spazio. Precedentemente sono stati effettuati due test
di calibrazione, il primo ha avuto qualche intoppo ma il secondo è andato bene,
la stampante è stata messa in bolla ed è stato dato il via alla stampa. La prima cosa che hanno notato gli astronauti è stata la difficoltà
nello staccare l'oggetto dal piano di stampa. L'aderenza era più forte del
previsto. Non si sa ancora se ciò sia dovuto a degli effetti riconducibili alla
microgravità o siano stati normali problemi di stampa 3d. Questa è la prima
volta che abbiamo mai utilizzato una stampante 3d nello spazio, e stiamo
imparando, anche da queste operazioni iniziali. Come risultato delle prossime
stampe saremo in grado di sapere se alcuni degli effetti che stiamo vedendo
sono causati da microgravità o solo una parte del normale processo di messa a
punto per la stampa. Abbiamo scelto questo oggetto, per la prima stampa nello
spazio, in primo luogo perché, dopo tutto, se vogliamo avere delle stampanti 3d
dobbiamo dimostrare di essere in grado di stamparne parti di ricambio. Una
stampante deve essere in grado di replicare le
proprie parti, in modo che possa continuare a lavorare durante lunghi
viaggi in posti come Marte o un asteroide. In definitiva, un giorno, una
stampante potrà anche essere in grado di stampare un'altra stampante”.
Nessun commento:
Posta un commento